Il credo tradito – Ascesa e Declino di Ubisoft

 

Ci sono stati anni in cui il nome Ubisoft evocava emozioni forti. Per molti giocatori, significava innovazione, avventura e mondi straordinari da esplorare. Era la casa che ci ha fatto vivere le gesta degli Assassini, ci ha portato nei campi di battaglia più realistici con Rainbow Six e ci ha fatto scoprire terre inesplorate in Far Cry. Ubisoft rappresentava la promessa di videogiochi capaci di bilanciare creatività, narrazione e sfida, diventando un punto di riferimento per l’intera industria.

Ma qualcosa è cambiato. Nel corso degli anni, quella promessa ha iniziato a sgretolarsi. La compagnia che un tempo si distingueva per la sua capacità di osare e innovare ha cominciato a rincorrere trend e modelli di business più redditizi, sacrificando la propria anima creativa. Oggi, il marchio Ubisoft viene spesso associato a titoli ripetitivi, servizi live invasivi e uscite che faticano a trasmettere la magia di un tempo.

Rayman per PlayStation 1 – fonte Ubisoft

Le Origini e il Successo di Rayman

Ubisoft fu fondata nel 1986 dai fratelli Guillemot e si espanse rapidamente a livello internazionale, aprendo numerosi studi interni. Inizialmente, si occupava di importare videogiochi dagli Stati Uniti, ma il vero salto di qualità avvenne con l’uscita di Rayman nel 1995. Il platform senza tempo, con il suo protagonista privo di arti, conquistò milioni di giocatori e spinse Ubisoft a investire nella creazione di nuove IP di successo.

L’azienda comprese che la chiave del futuro non era limitarsi alla distribuzione di titoli di terze parti, ma costruire un’identità propria. Così nacquero alcuni dei suoi primi progetti originali, segnando l’inizio di una crescita inarrestabile.

Gli Anni 2000: Il Decennio d’Oro

Con l’inizio degli anni 2000, Ubisoft ampliò il proprio catalogo con titoli destinati a diventare pilastri dell’industria. Tra questi spiccano Prince of Persia: The Sands of Time, Splinter Cell e Far Cry, giochi che lasciarono un segno indelebile nella storia dei videogiochi grazie a meccaniche innovative e trame avvincenti.

Un ruolo chiave fu giocato dall’acquisizione di Red Storm Entertainment, studio che deteneva i diritti sui romanzi di Tom Clancy. Grazie a questa mossa strategica, Ubisoft poté sviluppare franchise di grande successo come Splinter Cell, Ghost Recon e Rainbow Six, saghe che avrebbero influenzato intere generazioni di sparatutto tattici.

A sinistra Prince of Persia – Le Sabbie del Tempo a destra Assasin’s Creed – fonte Ubisoft

Il 2007 segnò un punto di svolta epocale: Ubisoft Montreal, lavorando su un progetto nato come spin-off di Prince of Persia, diede vita ad Assassin’s Creed, un gioco destinato a diventare una delle serie più amate di sempre. Il decennio successivo vide l’uscita di titoli di enorme successo, tra cui Far Cry 3, considerato ancora oggi uno dei migliori capitoli della saga, e perle artistiche come Valiant Hearts e Child of Light.

Sembrava che Ubisoft fosse inarrestabile. Ma nel frattempo, qualcosa si muoveva sotto la superficie.

Il Cambio di Rotta: Game as a Service e la Crisi Creativa

Tra il 2015 e il 2017, Ubisoft rilasciò due giochi che avrebbero segnato il suo futuro: For Honor e Rainbow Six: Siege. Se il secondo è ancora oggi un titolo di riferimento nel panorama degli sparatutto competitivi, la deriva intrapresa dalla compagnia ha sollevato numerose critiche. Il modello Game as a Service, con pass stagionali, contenuti a pagamento e microtransazioni pervasive, prese il sopravvento.

Ubisoft non fu l’unica a cedere alla tentazione del guadagno facile, ma la sua ossessione per il “prossimo fenomeno” la spinse a scelte discutibili. Titoli come Immortals Fenyx Rising, pur avendo potenziale, furono penalizzati da strategie di monetizzazione aggressive. Altri, come Roller Champions e Hyper Scape, vennero chiusi o stravolti nel giro di pochi mesi, sintomo di una direzione creativa sempre più confusa.

Analisi Finanziaria: Un Futuro Incerto

Gli analisti di TD Cowen hanno rivisto il loro obiettivo di prezzo sulle azioni di Ubisoft Entertainment SA (UBI:FP) (OTC: UBSFY), riducendolo da €15,00 a €14,00, mantenendo al contempo un rating Hold. Il titolo, attualmente scambiato a $2,53, ha subito un significativo calo di quasi il 48% negli ultimi sei mesi. L’aggiustamento segue l’annuncio di Ubisoft di perseguire opzioni strategiche, un ulteriore ritardo del gioco Assassin’s Creed: Shadows al 20 marzo e una riduzione delle previsioni sulle prenotazioni per il terzo trimestre fiscale.

Gli analisti di TD Cowen hanno espresso scetticismo riguardo a cambiamenti significativi nella situazione di Ubisoft, notando che potenziali acquirenti hanno avuto ampie opportunità di interagire con l’azienda negli ultimi anni. Secondo i dati di InvestingPro, nonostante le sfide operative, l’azienda mantiene impressionanti margini di profitto lordo del 90% e un sano indice di liquidità corrente di 2,32, indicando una forte liquidità. Tuttavia, gli analisti evidenziano che un’eventuale acquisizione potrebbe avvantaggiare in modo sproporzionato la famiglia Guillemot, fondatrice di Ubisoft, rispetto agli azionisti esterni, paragonando la situazione a quella di Paramount.

Il Futuro di Ubisoft: L’Anima Dietro il Codice

Con l’annuncio ufficiale che Ubisoft è alla ricerca di acquirenti, in pochi sono rimasti sorpresi. La compagnia, un tempo icona di creatività, oggi fatica a mantenere la fiducia dei giocatori. La sovrapproduzione di titoli simili tra loro e la tendenza alla monetizzazione aggressiva hanno minato la sua reputazione.

Ubisoft ha perso qualcosa di essenziale: l’anima dietro il codice. Il videogioco non è solo un prodotto, è un’opera d’arte. Ma nel tentativo di trasformarlo in un bene di consumo da assemblare in serie, l’azienda ha dimenticato che ciò che rende un gioco memorabile non è la quantità, ma l’esperienza che offre.

Le decisioni strategiche sono state prese da CEO che vedono i giochi come numeri su un grafico, anziché come esperienze capaci di emozionare. Il risultato? Titoli tecnicamente ben realizzati ma privi di cuore, incapaci di lasciare un segno nei giocatori e la cui voglia di prendere in mano il controller per un titolo Ubisoft è scesa ai minimi storici.

L’Ultima Catastrofe: Il Leak di Assassin’s Creed Shadows

Come se non bastassero i problemi finanziari e la crisi d’identità che Ubisoft sta affrontando, un altro colpo ha scosso la compagnia. Assassin’s Creed Shadows, il tanto atteso capitolo ambientato in Giappone, è trapelato online un mese prima del suo lancio ufficiale, previsto per il 20 marzo 2025. Immagini e video di gameplay sono apparsi su social media e piattaforme di streaming come Twitch, mentre copie fisiche del gioco sono state messe in vendita su un sito d’aste statunitense per 100 dollari ciascuna.

Questa fuga di notizie rappresenta un problema serio per Ubisoft, che si trova ora a gestire una situazione potenzialmente disastrosa per il lancio del titolo. Se da un lato il leak potrebbe ridurre l’impatto dell’uscita ufficiale, minando vendite e interesse, dall’altro c’è chi ipotizza che possa trattarsi di una mossa di marketing studiata per alimentare l’hype attorno al gioco. Un leak di questa portata, infatti, genera inevitabilmente discussioni e curiosità tra i giocatori, aumentando l’attenzione mediatica sul titolo.

Ubisoft non ha ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali sulla vicenda, ma la gestione di questo evento sarà cruciale per comprendere la direzione che la compagnia intende prendere. Se si tratta di un errore interno, evidenzia ancora una volta la fragilità della sicurezza e della comunicazione aziendale. Se invece fosse una strategia calcolata, sarebbe una dimostrazione di come il settore videoludico si stia spingendo sempre più verso tattiche pubblicitarie aggressive, a discapito della trasparenza con il pubblico.

Quel che è certo è che Assassin’s Creed Shadows rappresenta un banco di prova fondamentale per Ubisoft. Dopo anni di critiche e controversie, l’azienda deve dimostrare di essere ancora in grado di offrire esperienze videoludiche di qualità, capaci di riconquistare la fiducia dei giocatori. Il leak, volontario o meno, sarà solo l’ennesimo inciampo o potrebbe rivelarsi la scintilla che riaccenderà l’interesse per il titolo?

Il tempo, ancora una volta, sarà il giudice definitivo.

Mirco Magnani
Mirco Magnani
A cinque anni ho impugnato il mio primo controller, giocando alla PlayStation insieme a mio padre. Da allora, i videogiochi sono diventati una costante nella mia vita, accompagnandomi in ogni fase della crescita. Non ho mai posto limiti alla mia curiosità videoludica: esploro qualsiasi titolo mi affascini, senza distinzioni di genere o piattaforma.

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